In un mix energetico così sblianciato verso il gas estero, il nostro Paese si è ritrovato in mezzo alla “tempesta perfetta”
Ma perché l’energia costa così cara?
Ne abbiamo parlato con un esperto in energie rinnovabili, Ielli “tutto troppo legato al prezzo del gas naturale”
Monsummano Terme, venerdì 10 giugno 2022
In tutto il mondo e in Europa in particolare, la domanda di energia corre all’impazzata.
Con i prezzi delle materie prime che schizzano, complice la ripresa dopo la pandemia, l’instabilità geopolitica e soprattutto la speculazione.
Il prezzo all’ingrosso del MWh alla borsa elettrica italiana è passato dai 20/40 Euro di fine 2020 ai 588 di marzo 2022, per arrivare ai 240 attuali.
Ma perché si è arrivati a questo punto?
Se in Gran Bretagna il prezzo aumenta per la mancanza di vento, da noi il prezzo dell’energia elettrica è troppo legato al prezzo del gas naturale, perché oltre il 50% della produzione viene da impianti termici (di cui l’83% a gas, appunto), solo il 31% da rinnovabili (16% idroelettrico, 8% fotovoltaico, 6% eolico, 1% geotermia), ha spiegato Daniele Ielli, amministratore di Green Idea Srl ed esperto in rinnovabili.
In un mix energetico così sbilanciato verso il gas estero, il nostro Paese si è ritrovato in mezzo alla “tempesta perfetta” (citazione del ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani).
Se l’energia è la prima voce di costo di una nazione come la nostra, è anche vero che è la prima voce di introito, e questo innesta dei conflitti di interessi paurosi. Nel Bel Paese pesano nel prezzo finale oltre ai costi della materia prima energia, il trasporto e le troppe accise: tra queste ci sono i circa 12 miliardi per le FER, le addizionali e gli oneri per finanziare la ricerca in campo energetico.
Praticamente, poco meno di un terzo della bolletta è riferito al costo dell’energia, al trasporto della stessa circa il 20%, e il 21,8% agli oneri di sistema (adesso azzerati transitoriamente), il resto sono imposte e tasse.
Per il trasporto e la gestione ARERA (Autorità di Regolamentazione per Energie, Reti e Ambiente) ha stabilito 20,28 Euro / anno per contatore più 21,29 Euro / anno per ogni kw impegnato più 0,00798 Euro / kWh, un’utenza domestica da 6 kWp che consuma 5.000 kWh costa di trasporto e gestione Euro 188 / anno, un classico 3 kWp che consuma 2.800 kWh l’anno Euro 106,50, spostando di fatto buona parte dei costi di trasporto (se prima erano totalmente e giustamente variabili) in quota fissa, ha spiegato Ielli.
La nuova legge per tassare i maxi utili delle aziende di luce e gas è un preannunciato flop, i circa 3 miliardi stanziati dal governo con la legge di bilancio 2022 non riescono a incidere sull’entità del salasso che imprese e famiglie devono subire.
E provate a immaginare chi ci guadagna? Le compagnie energetiche hanno avuto maggiori entrate, in buona parte sotto forma di contributi dallo Stato per circa 40 miliardi di Euro (fonte Assoutenti) il 50% esclusivamente per i produttori da FER, solo perché abbiamo una vecchia norma che associa il prezzo di vendita dell’energia prodotta da fonti rinnovabili a quella prodotta da fonti fossili.
Anche la semplice riorganizzazione del trasporto / dispacciamento oltre alla più importante riorganizzazione del mercato con un ruolo diverso dalle aziende elettriche controllate dallo Stato (Eni, Enel, Terna, Snam) e dagli enti locali (A2A, Acea, Hera, Iren, ecc.), attesa da decenni porterebbe a importanti risparmi.
Pensate ai fortunati proprietari delle vecchie centrali a carbone, impianti da rottamare super inquinanti, che magicamente riprendono vita grazie a questo governo, così da avere libertà assoluta di inquinare e margini netti 50 volte superiori (50 non è un errore di battitura), ha proseguito.
Secondo Forbes le aziende italiane più ricche sono: Enel, Eni e Intesa San Paolo, rispettivamente 109-110-129 al mondo e sulle altre, grandi banche e operatore energetici, da noi la fanno da padrone.
Vale la pena sempre ricordare che nel periodo 2015 – 2019 le rinnovabili sono cresciute in Italia solo del 3%, contro una media europea del 13%, sarebbe bastato mantenere il nostro passo 2020 – 2013 pari a 5,9 GW l’anno contro il triennio citato prima della pandemia di 0,9 GW l’anno, sei volte meno.
Secondo Legambiente solo questo ci avrebbe consentito di tagliare l’importazione di gas dalla Russia del 70%.
Come sempre sono i cittadini e le piccole e medie imprese, i soli a pagare le scelte per niente lungimiranti della nostra classe politica.
Daniele Ielli – Amministratore Green Idea Srl.